Visite guidate in Liguria
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SAVONA E PROVINCIA
SAVONA
Discreta, quasi schiva, Savona esce dagli schemi dei grandi itinerari, e si
propone come una città tutta da scoprire; possiede infatti un ricco patrimonio
architettonico, urbanistico, artistico e storico. Dietro un volto ottocentesco,
con i lunghi portici rettilinei e le eleganti piazze dal sapore piemontese, si
nasconde il borgo antico, affacciato sul suggestivo specchio di mare della
vecchia darsena: sono i luoghi cantati con affetto e malinconia dal poeta
dialettale Beppin da Cà.
Il nucleo primitivo di Savona, fondato sul colle costiero, venne raso al
suolo tra il 1542 e il 1544 dalla Repubblica di Genova, per costruire al suo
posto la possente fortezza del Priamàr. Sono ancora in corso gli scavi che
hanno riportato alla luce i resti della chiesa dei Domenicani e dell’antica
Cattedrale. Di quest’ultima il notaio Ottobono Giordano ci ha lasciato una
descrizione risalente agli inizi del ‘500, ossia poco prima della demolizione;
egli affermava di non aver mai visto una chiesa in posizione più felice: anche
oggi i resti dell’abside a balconata, a precipizio sul mare, si affacciano su
un vasto panorama verso l’orizzonte e le coste lontane. Attorno vi sono gli
scavi archeologici delle Casacce, gli antichi oratori delle
confraternite: ognuno era preceduto da un piccolo giardino, una sorta di hortus
conclusus che costituiva un invito al raccoglimento. Nella fortezza, che fu
trasformata in seguito in reclusorio, fu prigioniero Mazzini, che qui ideò la
Giovine Italia (1830-31).
L’ascesa al pontificato del savonese Sisto IV (1471-1484) e successivamente
del nipote Giulio II (1503-1513) permisero a Savona di affacciarsi alla ribalta
della politica internazionale, e di vivere la stagione più intensa di tutta la
sua storia, il “Rinascimento roveresco”. Vennero avviati i numerosi interventi
edilizi che avrebbero cambiato il volto della città: la munificenza dei Papi
della Rovere, segnando i tratti caratteristici della Roma monumentale, si
riverberò anche su Savona.
Sisto IV, negli anni in cui a Roma faceva costruire la Cappella Sistina, volle
che a Savona venisse eretto un edificio per contenere il mausoleo dei suoi
genitori. Nacque così la Cappella Sistina di Savona, edificata da maestranze
lombarde nel 1481-83.
Ma il “momento di gloria” durò poco, e Savona, vinta
da Genova nel 1528, precipitò nel declino e nel ristagno economico. Per
costruire la fortezza del Priamar i genovesi rasero al suolo l’antico centro
storico e la stessa Cattedrale; il vescovado si trasferì nella sede attuale,
dove esisteva già dal ‘200 un convento di Francescani. I frati cedettero la
loro chiesa (che sorgeva accanto alla Sistina, e fu demolita alla fine del ‘500
per realizzare l’attuale Cattedrale), e adattarono la Sistina a Chiesa
conventuale. Ma la convivenza non era delle migliori; tra l’altro, data la
vicinanza delle due absidi, i canti dei frati disturbavano le celebrazioni in
Duomo.
Trasferitisi a Lavagnola, i Francescani continuarono
ad occuparsi della Sistina, e, per quanto potevano le loro finanze, della sua
manutenzione. Le condizioni della Cappella andarono peggiorando sensibilmente
nei secoli, tanto da rendere improrogabili i restauri, promossi tra il 1761 ed
il 1764 da Francesco Maria della Rovere, ultimo rampollo della nobile famiglia
savonese. Poiché egli aveva gusti “moderni”, cambiò la costruzione
quattrocentesca da severa cappella funeraria rinascimentale a fastosa chiesa
rococò. Una trasformazione che alcuni “tradizionalisti” non avevano gradito:
quel tripudio festoso e vivace di stucchi policromi a motivo floreale, che oggi
vediamo in Sistina, era uno stile nato per abbellire i saloni delle ville di
campagna dell’aristocrazia del tempo, e faceva da sfondo al clima un po’
frivolo e scanzonato che accompagnava i soggiorni “in villa” dei benestanti
dell’epoca. Con una simile decorazione, secondo un testimone dell’epoca, la
Cappella aveva perso irrimediabilmente “quel non so che di magnificenza
sacra e divota” che la caratterizzava.
In Cattedrale (1589-1605) sono conservate molte opere
d’arte provenienti dal distrutto Duomo sul Priamàr. Tra essi l’“esotico” fonte
battesimale in marmo greco, che a lungo si ritenne ricavato da un enorme
capitello di arte bizantina. Il coro ligneo della Cattedrale è stato da poco
riportato all’antico splendore, dopo un restauro durato 18 mesi. Fu
commissionato nell’anno 1500 dall’allora vescovo di Savona Giuliano della
Rovere, poi asceso al soglio pontificio con il nome di Giulio II. Sulle tarsie
lignee del coro, impreziosite da dettagli in argento e avorio, sono raffigurati
la Gerusalemme Celeste ed il Creato (fiori, animali, oggetti, tra cui un
particolare modello di clavicembalo che…all’epoca doveva essere ancora
inventato!). Nell’attiguo Palazzo Vescovile sono conservati gli appartamenti,
con gli arredi originari, occupati da Papa Pio VII, prigioniero di Napoleone a
Savona tra il 1809 e il 1812.
Nel centro storico, raccolto attorno alla vecchia
darsena, si innalzano torri, come la trecentesca Torretta dedicata a
Leon Pancaldo, pilota di Magellano nel primo viaggio di circumnavigazione della
terra (“Io son Pancaldo, savonese, che il mondo tutto rivoltai a tondo”).
Durante la breve stagione del “Rinascimento roveresco” molte case a schiera
medievali vennero accorpate per formare sontuose dimore signorili; ancora oggi
nei carruggi su cui si affacciano si diffonde il profumo dei piatti tipici
locali, come la farinata e la panissa. Anche il cardinal Della
Rovere volle farsi costruire un nuovo palazzo nella città natale, e ne affidò
il progetto al grande architetto Giuliano da Sangallo; nacque così un rarissimo
esempio di architettura toscana trapiantata in Liguria (1495).
Gli oratori delle Confraternite savonesi custodiscono
le “casse”, i famosi gruppi lignei rappresentanti episodi della Passione, che
vengono portati a spalla per le vie del centro la sera del Venerdì Santo. Con il Concilio di Trento, infatti, le
pubbliche flagellazioni di penitenza e le antiche rappresentazioni sacre – che talvolta
“muovevano più a riso che a devotione” – vennero sostituite da
queste casse processionali, in cui i gesti e gli sguardi dei personaggi
sembrano fissati con una tecnica quasi fotografica e con una teatralità che
ricorda i Sacri Monti piemontesi e lombardi.
L’Oratorio di Nostra Signora di Castello conserva una
delle più importanti opere d’arte delle Liguria, il grandioso polittico di
Vincenzo Foppa e Ludovico Brea (1487-1490), in cui si respira il tramonto della
sensibilità medievale e l’affermazione dell’Umanesimo.
La Pinacoteca Civica ha trovato degna collocazione nel sontuoso
palazzo Gavotti; custodisce capolavori di G. Mazone, V. Foppa, D. Piola, e dei
savonesi Guidobono, Brusco e Ratti; la crocifissione di Donato de’Bardi (prima
metà del Quattrocento) è considerata un unicum nel panorama del
Rinascimento, nonché uno dei più antichi dipinti italiani realizzati su tela.
La visita può concludersi in piazza Mameli, dove ogni
giorno, alle ore 18, la campana inserita nel monumento ai Caduti batte 21 rintocchi – come le lettere
dell’alfabeto – per ricordare coloro che si immolarono per la Patria; una
tradizione unica in Italia vuole che passanti e veicoli si arrestino e sostino
in raccoglimento.
A Savona, città natale di Papi che hanno vissuto un
momento magico della storia dell’umanità, tra Quattrocento e Cinquecento si
diradarono le ombre del tardo medioevo e si diffusero i bagliori dell’età
moderna: fu la luce del Rinascimento, che forse lo stesso Giulio II contribuì
ad accendere.
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FINALE LIGURE, UN
GIARDINO DI PIETRA
Finalborgo, il più interessante dei nuclei storici di Finale, era l’antico Burgus
Finarii, fondato alla fine del XII sec. dai marchesi Del Carretto. Lo
dominano dall’alto Castel San Giovanni e i resti di Castel Gavone, con
l’imponente torre dei Diamanti. Le mura, i palazzi, le chiese lo rendono uno
dei centri storici meglio conservati del savonese; da alcuni anni è entrato nel
novero dei Borghi più belli d’Italia. Attraverso i Chiostri di Santa
Caterina (fine ‘400) con colonne e
capitelli in pietra del Finale,
si può accedere al Museo archeologico: i reperti che vi sono esposti
documentano la ricca storia e preistoria del finalese, e si compongono di
esemplari che vanno dal Paleolitico inferiore al Medioevo. Dalla caverna delle
Fate, sull’altopiano delle Manie, provengono testimonianze ossee neandertaliane
e l’imponente scheletro di ursus spelaeus rimontato in una vetrina.
Dalla grotta delle Arene Candide è stata riprodotta la sepoltura del Giovane
Principe; si tratta di un ragazzo di 15-20 anni, vissuto 20.000 anni fa:
un’inumazione che supera i confini del rito per entrare nella sfera del più
intenso sentimento di religiosa pietà.
Il marchesato di Finale fu per secoli l’unico lembo di Liguria non
controllato da Genova: per mantenere la sua indipendenza si appoggiò
politicamente agli Sforza. Il campanile ottagonale (1463) di S. Biagio
testimonia gli scambi anche culturali con la signoria milanese: impostato su
una torre della cerchia muraria è ispirato al campanile di S. Gottardo in Corte
a Milano. All’interno della chiesa la balaustra dell’altar maggiore è decorata
a trompe-l’oeil con una finissima tovaglia eucaristica in marmo (1799).
Fantasioso il pulpito in marmo (1765) che reca scolpiti i simboli degli
Evangelisti. Tra i gioielli di Finalborgo vi è anche il Teatro Aycardi (1806),
un’autentica “bomboniera” con tre ordini di palchi quasi in miniatura.
Tra le manifestazioni principali:
Palio delle Compagne Finalesi , manifestazione in costume medievale con il
Trofeo Nazionale degli Sbandieratori.
Viaggio nel
Medioevo manifestazione in costume nella
cornice del borgo medievale di Finalborgo premiata dalla Presidenza della
Repubblica: per quattro sere giochi, spettacoli, antichi mestieri e attività
culturali.
Salone
dell'Enogastronomia.
Da Finalborgo , salendo lungo la panoramica Via Regina, si possono
raggiungere Castel San Giovanni (1640 circa) e Castel Gavone, che, fino ai
danni operati dai genovesi all’inizio del ‘700,
fu uno degli esempi più belli di architettura militare e residenziale in
Liguria. E’ ancora integra la torre dei Diamanti (fine ‘400), rivestita con circa
1280 pietre bugnate lavorate ad una ad una dagli scalpellini dell’epoca. Molti
materiali originari del castello, travature, pietre e colonne, furono
reimpiegati per edificare chiese, portali e ville, nonchè i muretti a secco
delle "fasce".
Da qui, in breve, si raggiunge la chiesa di S. Eusebio, in cui fu rinvenuta
l’epigrafe funeraria del piccolo Lucius (362), una delle più antiche
attestazioni datate della diffusione del cristianesimo nell’Italia
settentrionale.
La passeggiata
si può concludere presso la chiesa di
Nostra Signora di Loreto (o dei Cinque Campanili, 1489-93), che sorge a
mezza costa, tra gli ulivi, e costituisce un prezioso episodio di architettura
rinascimentale. All’esterno riproduce con fedeltà la milanese cappella
Portinari in S. Eustorgio. La realizzazione della chiesa è attribuita ad
Alfonso I Del Carretto e a sua moglie Peretta Cybo Usodimare in occasione del
loro matrimonio
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Finalmarina...
la porta di Spagna
Nel ‘600 gli spagnoli scelsero
Finalmarina come scalo per la madrepatria,
tanto che questo borgo ligure era
conosciuto come la Porta della Spagna. Una delle più evidenti
espressioni della potenza e del benessere acquisiti dalla Marina nel XVII
secolo è la grandiosa basilica di S. Giovanni Battista, un vero trionfo di
stucchi, marmi e decorazioni. Tradizionalmente - ma erroneamente - attribuita a
Gian Lorenzo Bernini, è una delle più importanti chiese barocche della Liguria
L'Arco trionfale di Margherita di
Spagna, in Piazza Vittorio Emanuele, venne eretto nel 1666 in occasione del
passaggio dell'Infanta di Spagna, in
viaggio per lo sposalizio con Leopoldo I d'Austria.
I ricchi palazzi della dominazione spagnola sfoggiano splendide facciate
e portali in ardesia.
Il Teatro (1868) con tre ordini di palchi e platea, è dedicato a Camillo
Sivori, allievo di Niccolò Paganini.
La Pieve del Finale. Nei sotterranei della chiesa dei Cappuccini vi sono i
resti di un altro importante edificio paleocristiano: la chiesa battesimale del
V° secolo.
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ESCURSIONI TREKKING
ARCHEOLOGIA DA FINALBORGO
Il castrum di
S. Antonino, la Rocca di Perti, Pianmarino.
Il castrum di S. Antonino (fine VI sec.) è un importante esempio di
fortificazione protobizantina e
testimonia dei rapporti commerciali con varie aree del Mediterraneo. E'
dominato dalla cappella protoromanica (X-XI secolo) di S. Antonino: la
tradizione racconta che nella grotticella sotto la cripta viveva un oracolo cui
ci si rivolgeva per avere notizie dei congiunti lontani. Un percorso ad anello
consente di raggiungere la valle pensile di Montesordo e Pian Marino.
Il
"Villaggio delle Anime"
Il Villaggio delle Anime (Età del
Ferro) si raggiunge inerpicandosi sulla sommità della Rocca di Perti, ambiente prediletto da rocciatori e amanti
del free climbing. Il percorso tocca valli sospese, grotte, doline e falesie,
con rilevante interesse geologico. Lungo l'itinerario si potrà osservare la
Campanula isophylla, specie protetta endemica del Finalese, e con un po'di
fortuna si potrà incontrare la magnifica lucertola ocellata.
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NEL
MEDIOEVO TRA I CARUGGI DI NOLI …ANTICA REPUBBLICA MARINARA?
Ricordata
da Dante nel IV canto del Purgatorio (“Vassi in Sanleo e discendesi in Noli…”)
come luogo aspro e di non facile accesso, Noli
è nascosta tra due pieghe della montagna, tutta protesa verso il mare.
Prima dell’apertura del tracciato attuale della via Aurelia, realizzato durante
l’impero napoleonico, questo centro era raggiungibile solo via mare o scendendo
per ripidi sentieri , come avviene ancora oggi a S. Fruttuoso, nel promontorio
di Portofino.
La
storia che si impara a scuola ricorda solo quattro Repubbliche Marinare, ma
forse esse furono di più: Noli si ritiene tale, anche se non ebbe mai i fondaci
necessari per esserlo a pieno titolo. Per gli aiuti prestati al Papato e alla
Lega Lombarda ai tempi di Federico II, nel 1239 Noli divenne sede vescovile per
volontà di Gregorio IX, e per circa sei secoli fu una delle diocesi più piccole
d’Italia. Visiteremo l’antica Cattedrale di S. Paragorio, chiesa romanica
costruita forse a metà del secolo XI sull’area di un precedente edificio
paleocristiano. Si tratta di uno dei gioielli architettonici della Liguria,
dichiarato Monumento Nazionale nel 1890. L’abside è decorata da 11 catini
islamici (XI-XII sec.) che costituiscono forse il più antico esempio in
assoluto di maioliche murate.
Dall’alto
del monte Ursino (121 metri), dominano il paese le grandiose e scenografiche rovine del Castello (iniziato
nel sec. XI), di cui restano il “mastio” e l’alta torre circolare di
avvistamento; due cortine di mura merlate (XIII sec.) scendono sino ai dirupi sul mare e verso l’abitato. Si
tratta del monumento difensivo meglio conservato di tutta la Liguria di
Ponente.
Il
centro storico, caratterizzato dalle numerose torri comunali (che in origine
pare fossero addirittura 72!), conserva, in alcuni quartieri, quasi intatto il
suo antico volto, con belle case del Duecento e del Trecento; si tratta certamente di uno dei più
interessanti insediamenti storici del ponente ligure.
Noli diede i natali ad Antoniotto Usodimare,
che nel 1456 scoprì le isole del Capo Verde; inoltre ospitò a lungo il filosofo
Giordano Bruno, che qui svolgeva la professione di “maestro di grammatica e
cosmografia”.
(E’
possibile organizzare, tra le 9.00 e le 12.00, un incontro con i pescatori di
Noli, nella spiaggia di fronte al borgo antico; nella suggestiva cornice di
barche e reti, sarà possibile conoscere i segreti della pesca e della vita del
mare)
Sulla spiaggia, tra reti e barche, i pescatori di Noli ci sveleranno i
segreti del loro lavoro e della vita del mare. I metodi differenti di pesca
(Tremagli, palamiti, lampare…), le tipologie di reti in uso, la varietà del
pescato secondo le tecniche differenti utilizzate (acciughe, pesce spada,…). La
legislazione europea in merito alla pesca e le eccezioni accordate ai nolesi
(la pesca dei Cicciarelli, presidio di Sloow food ). Curiosità e tradizioni (I
guai combinati ai pescatori nolesi dalle murene e … dagli squali! - Antichi curiosi metodi della pesca dei
polipi…).U mâ u l’a u numme cun le” : le insidie della vita del mare
raccontate dai modellini marinari (ex-voto) appesi alle volte dell’Oratorio di
sant’Anna (Cenno ai camalli e alle processioni dei cristezanti). La Crociata
dei bambini.
NEI
DINTORNI…
Risalendo un impervio sentiero si possono
raggiungere i resti dell’antica chiesetta romanica di S. Michele, posta sulla
sommità della collina omonima.
Numerosi
sentieri conducono sull’altopiano delle Manie (250 metri slm), una sorta di
immenso giardino botanico ricco di flora e fauna mediterranea, con bellissimi
panorami sul mare e sulla costa.
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ALBENGA ROMANA,
PALEOCRISTIANA, MEDIEVALE
Fondata
2500 anni fa da una delle più potenti tribù del ponente ligure, Albenga fu un
importante municipium romano e nel X secolo divenne capitale della Marca
Arduinica. Il periodo di maggior vivacità economica e culturale iniziò nel XI
secolo, quando la città divenne libero comune. Il suo centro storico, ricco di
testimonianze artistico culturali di grande pregio, si rivela un vero e proprio
museo all’aperto, per la ricchezza delle
architetture e dei monumenti che custodisce.
Il
museo Navale Romano conserva i reperti recuperati dal relitto della più grande
nave oneraria romana finora nota (lunga 60 metri e larga 9), naufragata ad un
miglio circa dalla costa nel 180 a.C. Quest’imbarcazione, che viaggiava con un
eccezionale carico di migliaia di anfore piene di vino, costituisce uno dei più
importanti documenti dell’arte nautica di Roma antica. Nelle sale attigue è
collocato il museo Preistorico, con reperti provenienti dalle grotte della Val
Pennavaira, e una collezione di vasi da farmacia in ceramica di Savona e
Albisola (XVI-XVIII sec.).
Il
museo Civico Ingauno ha sede nel palazzo Vecchio del Comune (1387), con una
loggia aperta a pianterreno ed una torre a bifore. Contiene epigrafi di epoca
romana e bizantina, sculture e cimeli; attraverso i locali del museo si accede
al Battistero, il principale monumento paleocristiano della Liguria (prima metà
V sec.). All’interno il magnifico mosaico dedicato alla Trinità ed agli
Apostoli (fine V sec.) è, con Ravenna, uno dei pochissimi in stile bizantino
che rimangono nel Nord Italia.
Il
suggestivo cuore antico della città, di intenso carattere medievale, conserva
sette torri ed ha un impianto urbanistico che ricalca quello della romana
Albingaunum. La Cattedrale, edificio di origini romaniche più volte
rimaneggiato, conserva preziose sculture e un campanile tardogotico a bifore e
trifore. Alle spalle, sulla raccolta piazzetta dei Leoni, ornata da tre leoni
rinascimentali in pietra, prospettano le abitazioni medievali dei Costa.
Il
museo Diocesano, nel palazzo Vescovile, possiede codici liturgici, arazzi,
preziosi reliquiari, arredi sacri ed importanti dipinti, tra cui un S. Giovanni
Battista di indiscusso spessore culturale, a lungo attribuito a Caravaggio, e
una Decollazione di Santa Caterina (1606) olio su tela di Guido Reni.
La
conoscenza di Albenga può essere arricchita dalla visita all’Esposizione permanente “La Civiltà dell’ Olivo”, o da
un’escursione lungo la Passeggiata Archeologica; quest’ultima interessa un tratto della Via Julia Augusta (13 a.C.)
che si sviluppa attorno a resti di monumenti funerari di età imperiale romana,
con panorami sul mare e sull’isola Gallinaria.
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VARIGOTTI…UN COVO DI SARACENI?
Amata per la sua quiete da molti esponenti del mondo della cultura e dello
spettacolo, Varigotti si compone di piccoli nuclei medievali abbarbicati tra
ulivi e di un borgo “saraceno”, con variopinte case dai tetti a terrazza,
affacciate direttamente sulla spiaggia.
Sul promontorio di Punta Crena l’imponente torre di vedetta e le tracce del
castrum bizantino ci raccontano di una trascorsa grandezza.
Un sentiero che sale tra le “fasce” e i grovigli della macchia mediterranea
raggiunge l’antica e silenziosa chiesa di S. Lorenzo: cenobio benedettino in un
passato ormai remoto, fu parrocchia di Varigotti fino al 1585. Alta su uno
sperone roccioso a dominio della baia dei Saraceni, San Lorenzo ricorda la
lirica “Sere di Liguria”, dove Vincenzo
Cardarelli paragona le nostre chiese a “navi che stanno per salpare”. Tutto
attorno, uno strapiombo vertiginoso di candide rocce, che si tingono di rosa
alla luce del tramonto.
Il toponimo di Varigotti da sempre
ritenuto di difficile interpretazione può essere inquadrato nell’area
linguistica ligure pre-latina, identificandovi un nome composto da una diffusa
radice uara, indicante un “luogo umido” o più semplicemente “acqua
profonda”, e cottis, nel suo significato originario di “roccia”:
un’interpretazione che si adatta molto bene alle caratteristiche orografiche
del sito.
Sul promontorio di Varigotti è
attestato un gran numero di frammenti di anfore cilindriche databili
soprattutto tra VI e VII secolo, espressione di uno stretto collegamento con i
centri di produzione da ricercarsi nella Tunisia e nelle province nordafricane.
La riorganizzazione delle difese e del controllo della Liguria occidentale
bizantina, attuata tra la seconda metà del VI e il VII secolo, risultò
determinante nella definizione degli assetti del Finale: alla possente fortezza
di Sant’Antonino, nell’entroterra di Perti, si associavano il nucleo religioso della
Pieve del Finale e l’insediamento sul promontorio di Varigotti. Oltre alle
fortificazioni bizantine l’area di punta Crena conobbe la realizzazione della
cinta difensiva sommatale, tra XII e XIII secolo.
Una svolta importante avvenne nel 1341, quando il Comune di Albenga decise
di fortificare con mura e torri l’abitato di Pogli, all’inizio della Valle
Arroscia, dove detenevano diritti signorili i figli di Enrichetto Del Carretto.
Giorgio Del Carretto, marchese di Finale, assunse le parti dei nipoti e intimò
agli Albenganesi di demolire le nuove fortificazioni. Di fronte al loro
diniego, Giorgio, radunato un esercito di circa ottomila uomini, abbatté le
fortificazioni di Pogli e devastò la piana di Albenga, tagliando alberi e
distruggendo vigne e campi. Ma la reazione del doge di Genova, Simon
Boccanegra, fu immediata: i genovesi posero sotto il loro controllo l’intero
Finale, distruggendo il castrum di Varigotti e interrandone
l’imboccatura del porto. Amara fu la sorte di Giorgio del Carretto: fu
imprigionato per cinque anni nel carcere della Malapaga, secondo le fonti
detenuto in una gabbia di legno.
La questione del porto di Varigotti torna alla ribalta nel Seicento, quando
il Finale diviene diretto possesso della corona di Spagna. Alla costruzione
della via Beretta (1666) agile collegamento con le regioni padane ed i passi
alpini, non corrispose la realizzazione di un adeguato impianto portuale. Il
problema della costruzione di un nuovo porto nel Finale, dopo i primi tentativi
rimasti senza seguito, fu affidato a varie commissioni che tra il 1630 e il
1672 si limitarono a produrre un’ingente documentazione. Si era ipotizzata la
realizzazione di un grande porto a Varigotti, tagliando la dorsale alle spalle
del promontorio di Punta Crena per edificare una grande fortezza e aprire
un’ampia strada litoranea di collegamento con Finale. Gaspare Beretta presentò
invece un progetto per realizzare un porto alla Caprazoppa. Ma non si approdò
mai ad alcun risultato concreto.
Nella chiesa di San Lorenzo vecchio solo il lato nord conserva in vista un
tratto di muratura medievale, mentre sono il frutto di riedificazioni tardo e
post medievali il fianco sud (fine ‘500) e la zona absidale (inizio del ‘500).
Alcune importanti modifiche ebbero luogo alla fine del ‘600, mentre un’altra
considerevole fase edilizia fu realizzata a metà del XIX secolo. Fra i laterizi
di reimpiego emerge la presenza di numerosi mattoni databili agli inizi del XV
secolo: essi sembrano indicare la presenza di una significativa fase edilizia
della chiesa, di cui però al momento non restano altre prove materiali. Accanto
ai risultati ottenuti, l’evidenza archeologica ha prodotto alcuni quesiti
insoluti: perché una fase costruttiva tanto imponente in un’epoca riconosciuta
di declino per S. Lorenzo, che alla fine del XVI secolo perse anche la funzione
di parrocchiale? E perché nel fronte sud (fine ‘500) vennero adottati elementi
formali di gusto ancora pienamente medievali, come le monofore e gli stretti
portali ad arco? Solo un’adeguata indagine storica potrà permettere di
individuare le ragioni, molto probabilmente di carattere simbolico, che sono
alla base di questa scelta di elementi arcaici a imitazione del romanico,
realizzati però con materiali e tecniche costruttive già rinascimentali.
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IL
SANTUARIO DI SAVONA
Percorrendo la strada che da
Savona conduce al Santuario si incontrano nove cappelle votive (1623) che si
rifanno, in chiave del tutto originale, alla concezione architettonica dei
Sacri Monti. Tutto attorno cresce il Nemus Saonense, la foresta di Savona, che
contribuisce a rendere questa provincia la più boscosa d’Italia. Il Santuario,
eretto negli anni immediatamente successivi all’apparizione della Madonna della
Misericordia (18 marzo 1536), conserva la Natività di Maria (1613), ritenuta il
capolavoro del pittore romano Orazio Borgianni, ed opere del Domenichino e di
Bernini. Per secoli fu uno dei santuari più venerati d’Italia, e venne arricchito
da prestigiose donazioni, oggetti liturgici in oro e argento, gioielli,
ex-voto. Quel che resta dell’ingente Tesoro, impoverito dalle guerre e dalle
spoliazioni napoleoniche, è conservato nel vicino Museo. Tra i pezzi più
importanti vi sono preziosi paramenti noti a livello internazionale. Si tratta
di vesti liturgiche settecentesche realizzate con tessuti concepiti per un uso
nel campo dell’abbigliamento femminile, donati alla chiesa da nobildonne
dell’epoca: i più significativi, in stile bizarre, sono decorati con curiosi
motivi di strumenti musicali deformati, fiori, frutta ed animali esotici , e
rappresentano un’autentica rarità nel campo degli abiti ecclesiastici.
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ALBISOLA.
L’ ARTE DELLA CERAMICA Ad Albisola la produzione della ceramica,
iniziata alla fine del XV secolo, ha soddisfatto qualsiasi esigenza: dalle
terrecotte di minor costo, alle raffinate maioliche per le classi sociali più
elevate, fino ai bellissimi vasi per farmacia nello stile bianco-blu o antico
Savona (Museo Manlio Trucco). Un importante committente fu il clero
(Parrocchiale di Albissola Marina: pala della Natività, realizzata nel 1576 in
piastrelle dalla vivace policromia); ma anche i nobili non furono da meno: le
splendide ville settecentesche , come villa Faraggiana, contengono raffinate
opere in ceramica. Nell’ambito dell’artigianato ligure la produzione della
ceramica trova dunque ad ALBISOLA la sua culla, a partire dal sec XV. Ancora oggi
le sapienti mani dei più esperti maestri plasmano l’argilla e la decorano con
grazia ed eleganza. Nel XX secolo Albisola conquistò il ruolo di “capitale
della ceramica”: negli anni Trenta e nel secondo dopoguerra vennero a lavorarvi
artisti di fama internazionale, come
artinetti, Martini, Messina, Manzù,
Fontana, Jorn, Sassu,
Luzzati ( Museo Mazzotti, Passeggiata degli Artisti).
Albisola,
citata negli itinerari romani con il nome di Alba Docilia, conserva infine
importanti resti di una villa romana e
reperti archeologici di epoca imperiale.
(E’
possibile visitare un laboratorio artigianale, osservando il lavoro del
ceramista al tornio e la decorazione a mano delle ceramiche. E’ possibile
altresì visitare la Scuola di Ceramica di Albisola, dove, con sovrapprezzo, è
possibile cimentarsi, sotto la guida di un’insegnante, nella lavorazione
dell’argilla e nella produzione di ceramiche).
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VADO LIGURE
Vado Ligure corrisponde all’antica
Vada Sabatia, importante municipio romano sviluppatosi nel II secolo a.C. Il Museo Civico di Villa Groppallo ospita una
vasta rassegna di pitture e sculture improntate al realismo figurativo a sfondo
sociale del secondo dopoguerra, e documenta l’attività vadese di Arturo
Martini, unanimemente ritenuto uno dei più grandi scultori italiani del
Novecento.
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SASSELLO
Sassello
sorge in mezzo ai contrafforti appenninici ed ha una storia molto antica. Opere
di importanti artisti, come Maragliano e
Carlone, sono conservate nelle sue chiese. Il Museo Perrando ospita una
collezione di dipinti di scuola genovese, antiche ceramiche e mobili d’epoca.
Il
paese ha una specialità gastronomica ormai celebre nel mondo: gli amaretti di
Sassello, nati a metà dell’Ottocento grazie all’intuito di una casalinga. Nei
giorni feriali è possibile visitare una delle
fabbriche produttrici. In paese è sempre possibile una degustazione
gratuita degli amaretti, come anche dei liquori prodotti in una distilleria
locale.
Itinerario:
P.zza S. Rocco, Distilleria, Via Badano, Chiesa S. Trinità, centro storico,
Museo Perrando, Chiesa della Concezione, Amaretti del Sassello (negozio o
fabbrica).
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CASTELVECCHIO
DI ROCCA BARBENA : IL FASCINO SENZA TEMPO DELL’ENTROTERRA LIGURE
I
vicoli stretti e tortuosi, le case in pietra grigio-bruna dai tetti a terrazza
caratterizzano Castelvecchio di Rocca Barbena, un borgo murato rimasto
pressoché intatto dal Medioevo, con un impianto circolare che si svolge attorno
ai dirupi della rocca su cui è avvinghiato il Castello.
Escursione
lungo il sentiero di Ilaria (necessario abbigliamento sportivo, cappellino):
tra Castelvecchio e Zuccarello un sentiero ricco di essenze sempreverdi della
macchia mediterranea raggiunge i ruderi del Castello dei marchesi Del Carretto,
in posizione dominante sulla Val Neva. Qui trascorse la sua infanzia
dorata Ilaria Del Carretto. Sposatasi
con Paolo Guinigi signore di Lucca, Ilaria morì di parto nel 1405, a soli 26
anni. La sua bellezza rifulge ancora nel Duomo della città toscana, immortalata
nel celebre monumento funebre di Jacopo della Quercia.
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ZUCCARELLO . Fondato nel 1248,
Zuccarello conserva nel suo impianto lineare, nei resti delle mura, delle torri
e delle porte d’accesso, l’ aspetto di borgo fortificato, assunto per la sua
posizione strategica. Il ponte medievale a schiena d’asino è tra i più
interessanti della Liguria di ponente. Un sentiero ricco di essenze sempreverdi
della macchia mediterranea raggiunge i ruderi del Castello dei marchesi Del
Carretto, in posizione dominante su Zuccarello e sulla Val Neva. Qui trascorse
la sua infanzia dorata Ilaria Del
Carretto. Sposatasi con Paolo Giunigi signore di Lucca, Ilaria morì di parto
nel 1405, a soli 26 anni. La sua bellezza rifulge ancora nel Duomo della città
toscana, immortalata nel celebre monumento funebre di Jacopo della Quercia.
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ALASSIO Nei pressi del “budello” di Alassio , l’animata
stradina che corre parallela alla spiaggia
tra case del ‘500 e del ‘600, si trova Palazzo Morteo. In esso è stata
inaugurata da pochi mesi una Pinacoteca comprendente 22 opere di Carlo Levi,
l’autore di Cristo si è fermato a Eboli, realizzate durante i suoi soggiorni in
Riviera.
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TOIRANO Possibile visita delle
Grotte di Toirano, del centro storico, e
del Museo Etnografico della Val Varatella. Il museo espone documenti relativi
alle attività praticate nella vallata, con particolare riguardo
all’olivicultura e alla produzione dell’olio. Inoltre presenta sezioni
riguardanti la fienagione, la lavorazione dei cereali, i laboratori artigiani
del falegname, del bottaio, del fabbro ferraio, del maniscalco. Nel complesso
si tratta di circa 2000 oggetti, tutti reperiti in loco, donati dalla
popolazione. Il percorso comprende anche il cortile, adibito a piccolo orto
botanico.
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BORGIO VEREZZI E LE GROTTE DI VALDEMINO
Giochi
d'acqua e calcare hanno creato un labirinto sotterraneo; le grotte di Borgio
vantano di essere le più colorate d'Italia: bianco, giallo, rosso, in mille
diverse sfumature, si specchiano nelle acque dei numerosi laghetti interni.
Usciti dalle grotte, il sentiero natura ci conduce attraverso la macchia
mediterranea alla frazione di Verezzi sulla collina, recentemente accolta nel
novero dei " Borghi piú belli d'Italia", nonché sede di un rinomato
festival teatrale.
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COME FUNZIONA UN FRANTOIO? “I nostri monumenti non sono nelle piazze
delle nostre città, sono le nostre fasce” affermava il poeta ligure G. Boine.
Molte fasce sono popolate da un mare argenteo di ulivi secolari. Un frantoiano ci illustrerà le caratteristiche dell’ulivo – pianta simbolo della cultura mediterranea – , le tecniche
di coltivazione e di raccolta. (con
degustazione).
INFORMAZIONI: guideliguria@gmail.com 339-4402668 (anche whatsapp)